Attenzione a non ruzzolare giù da Trinità dei Monti soprattutto se si è residenti a Roma.
In data 05.07.2014 una signora romana, scendendo dalla prima rampa della scalinata di Trinità dei Monti, cade a terra procurandosi diverse lesioni che richiedono anche un intervento chirurgico al Policlinico Umberto I.
La donna agisce in Tribunale contro il comune di Roma, chiedendo un risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali da lei subiti quantificati in circa € 150.000.
A detta della signora il fatto si era verificato per via di una cattiva manutenzione della scalinata su cui, a suo avviso, era stato gettato un prodotto lucidante non meglio specificato, e dunque per colpa del Comune deputato a custodire il bene.
La donna faceva altresì presente al Tribunale che, sul posto, non vi era alcun segnale di pericolo e che era caduta benché indossasse scarpe basse.
L’amministrazione si difendeva spiegando al Giudice:
- che la scalinata di Trinità dei Monti, bene monumentale vincolato, viene pulita solo con acqua a pressione ed in orari tali da creare il minor disagio possibile agli utenti;
- che il sinistro si era verificato in condizioni di buona visibilità;
- che la caduta si era verificata scendendo da una scalinata che per sua natura è sottoposta a una continua usura, conseguenza del calpestio giornaliero di una moltitudine di visitatori.
La donna, dunque, aveva tenuto una condotta incauta riconducibile al caso fortuito e tale da sollevare il Comune da qualsiasi responsabilità in ordine all’accaduto.
Sia il Tribunale di Roma che la Corte d’Appello rigettavano le pretese risarcitorie della donna condannandola al pagamento delle spese legali e così concludendo:
- che la stessa non aveva provato un preciso collegamento tra le condizioni della scalinata da un lato e la caduta e le sue conseguenze dall’altro;
- che il comportamento della signora era da considerarsi imprudente ed unica causa nella produzione del danno da lei lamentato.
La signora, non contenta, ricorre in Cassazione.
La Cassazione non si discosta dall’orientamento assunto dai giudici di merito, sottolineando che non risulta provato il nesso di causa tra le condizioni della scalinata e la caduta, tant’è che la donna:
- non aveva chiarito la dinamica del sinistro, né precisato il punto esatto dello stesso e l’ora;
- non aveva prodotto ai giudici fotografie che rappresentassero il punto della caduta tali da consentire di valutare la dinamica dell’incidente e le sue cause.
Oltre a ciò il ruzzolone si era verificato, come la stessa signora aveva confermato ai Giudici, durante una bella giornata e quando non era piovuto, che era già scesa dalla scalinata di Trinità dei Monti che dunque conosceva bene e che, nello scendere, non era stata preceduta da altre persone; di conseguenza le condizioni della scalinata erano per lei ben visibili.
Aggiunge poi la Corte che le caratteristiche e la conformazione della scalinata di Trinità dei Monti, bene storico e monumentale di rilevanza artistica conosciuto anche per la sua conformazione, non potevano non essere note alla donna cittadina romana.
Insomma la lamentela di una caduta generica da una scala non equivale ad aver provato che si è caduti per via di quella scala.
Nel caso specifico, giacché la situazione di pericolo era oltremodo prevedibile e poteva essere superata usando la normale diligenza, la caduta viene ascritta al comportamento della signora che è condannata a pagare le spese di giudizio anche del procedimento avanti alla Corte di Cassazione.