Con l’ordinanza n. 17360 del 27.06.2025 la terza sezione della Cassazione civile, in tema di responsabilità del provider, ha dettato il seguente principio di diritto:

Il prestatore di servizi informatici che assuma il ruolo di insider provider non attivo va, di regola, esente dalla responsabilità per la pubblicazione delle eventuali informazioni illecite che provengono da terzi ….e per tutti gli eventuali commenti diffamatori inviati dai terzi, ma, una volta che egli acquisisca la consapevolezza  della manifesta illiceità degli stessi (in qualunque modo anche non necessariamente a seguito di una comunicazione della autorità competenti, sebbene, in tale ultimo caso, possa essere più agevole percepire il carattere manifesto dell’illiceità) è tenuto ad attivarsi per rimuoverli tempestivamente per continuare a godere dell’esenzione dall’indicata responsabilità“.

La vicenda nasce dalla pubblicazione su un blog, da parte di alcuni utenti, di commenti ingiuriosi nei confronti di una persona che provvedeva a richiedere il risarcimento dei danni al gestore del blog, lamentando:

La richiesta danni veniva rigettata dal Tribunale di Siena prima e dalla Corte d’Appello di Firenze poi sulla base di due considerazioni:

La Corte di Cassazione, investita del problema, sul primo punto concorda con le corti di merito, partendo dal presupposto, errato ad avviso di chi scrive, che sia il danneggiato a dover dimostrare che il blog è dotato di filtri, prova impossibile da fornire giacché egli non è in grado di conoscere le modalità di funzionamento e di pubblicazione della piattaforma nella disponibilità esclusiva del provider che può modificarla in ogni momento.

Ecco che, così ragionando,  non avendo il danneggiato fornito una prova impossibile da dare, il provider è stato ritenuto non responsabile dei contenuti pubblicati on line giacchè, in forza dell’art. 17 del D. lgvo n. 70 del 2003, l’hosting provider che ospita commenti di terzi nell’ambito di uno spazio da lui gestito non è tenuto a selezionarli e verificarne il contenuto, non rispondendo dunque della loro pubblicazione. 

Difforme invece il parere sulla seconda questione giacché per la Corte l’obbligo di rimozione delle informazioni illecite sorge per l’hosting provider nel momento in cui egli, in qualsiasi momento, acquisisca la conoscenza di fatti o circostanze che rendono tale illiceità manifesta, non essendo necessaria una comunicazione da parte delle autorità competenti.